Dall'annullamento di Melbourne al Paul Ricard: considerazioni sull'avvenire dei circuiti in F1
Abstract
Partendo dalla recente notizia della cancellazione del GP di Melbourne e passando per il Flop del Paul Ricard, si cerca di analizzare prospettive ed opportunità che tali situazioni hanno presentato per il Circus.
L’organizzazione dei Gran Premi e la cancellazione di Melbourne
Per quanto il fattore principale in Formula 1, così come
in tutte le categorie di corse automobilistiche, sia rappresentato dalle
vetture utilizzate e dai piloti, esistono anche altri elementi da considerare
determinanti, al fine di conseguire uno spettacolo all’altezza del prestigio
che tale categoria porta con sé. Subito dopo i punti elencati precedentemente,
vanno considerati senza ombra di dubbio i circuiti, che rappresentano la base
su cui il motorsport ha potuto fondare la sua evoluzione e i suoi ricavi
economici, almeno in principio. La scelta dei tracciati su cui gareggiare è
condizionata da un numero di fattori davvero ampio, partendo dal prestigio
acquisito nel corso del tempo (es. Monza o Silverstone) o dalle possibilità di
introiti che da tale scelta si possono ottenere (es. Abu Dhabi), si finisce per
delineare il calendario per una determinata stagione, quest’ultimo prevede
addirittura 23 gare per il campionato in corso.
Mai come nel corso degli ultimi due anni però, i
calendari sono stati stravolti a causa dell’emergenza legata alla pandemia di
Covid-19, che ha portato lo scorso anno a creare, per la prima volta nella
storia, un calendario in “divenire”, stabilito man mano in base alle diverse
criticità ed opportunità. Scelta inevitabile ma allo stesso tempo molto
intricata, per quanto concerne l’ambito della logistica e dei trasporti di
quanto necessario, per far in modo che il Circus funzioni. Tale decisione ha
penalizzato molte nazioni organizzatrici, ma come è ben noto, anche in
situazioni di crisi si possono creare grandi opportunità e così è stato per
l’Italia, che è riuscita addirittura a garantirsi ben 3 GP in una sola stagione[1].
Anche quest’anno sono cominciate le cancellazioni dei
Gran Premi a causa Covid, ed il primo a farne le spese è stato quello di
Melbourne, in Australia, le quali autorità locali hanno deciso dapprima di
accordarsi per uno spostamento da marzo a novembre dell’evento, per poi passare
alla cancellazione definitiva negli scorsi giorni. Tale scelta, legata al
mancato raggiungimento degli obbiettivi vaccinali, nonché alla situazione
epidemiologica in crescita, apre a nuovi scenari. È stata già annunciata, da
Stefano Domenicali, l’intenzione di sostituire questo evento, con lo scopo di
mantenere il numero di gare intatto per questa stagione, almeno per ora.
Sicuramente le possibilità di scelta sono molte, essendo da sempre molto folta
la lista di circuiti che vorrebbero ospitare un evento di tale portata. Altresì
è innegabile che, tra le molte alternative, vada considerata quella del
Mugello, gara che l’anno scorso si dimostrò una delle più entusiasmanti. Appare
quindi plausibile ciò che due anni fa sembrava inconcepibile, cioè vedere per
due stagioni consecutive ben tre Gran Premi in Italia.
Il caso Paul Ricard e le scelte per il futuro
Sull’altra faccia della medaglia si trovano invece
circuiti che, nonostante inseriti in pianta stabile nel novero dei GP,
finiscono per non soddisfare quasi mai le aspettative dei tifosi e della
dirigenza del Circus, per quanto riguarda spettacolarità e coinvolgimento.
Esempio di maggior rilevanza è rinvenibile proprio nel GP di Francia che si
disputa sul Circuito del Paul Ricard. Le cause di questi scarsi risultati, che
all’apparenza sembrano estemporanei, sono invece da ricercare nella natura
intrinseca di quest’ultimo. Esso, infatti, nasce come circuito con ampie vie di
fuga e con un sistema di strisce abrasive al di fuori della pista, atto a
sostituire ghiaia ed erba. Ciò dal punto di vista tecnologico può sembrare un
grande passo avanti, ma non lo è, se ci si pone nell’ottica dello spettacolo.
Il motivo è legato al fatto che questa tecnologia, per quanto efficace,
impedisce ai piloti di “subire” le conseguenze di eventuali errori, permettendogli
quindi di correre con una relativa tranquillità, cosa che non favorisce
assolutamente lo spettacolo. È bene comunque specificare che con queste
affermazioni non si vuole assolutamente affermare che “pericolo=spettacolo” o
che quanto fatto dalla FIA per la sicurezza sia stato deleterio, anzi, alla
luce di quanto avvenuto nel recente passato, (es. Incidente occorso al pilota
Romain Grosjean durante il GP del Bahrain 2020) non si può che fare un plauso
per quanto apportato in tale ambito. Bisogna però comunque notare come i
circuiti capaci di regalare maggiori emozioni sono quelli in cui l’errore
commesso viene pagato, ed è questo a generare maggiormente spettacolo.
Conclusioni e Prospettive
Partendo da quanto affermato in precedenza risulta quindi
chiaro come, al netto dell’imprevedibilità delle corse, risulti possibile
almeno predisporre una “ricetta” ideale per garantire un determinato livello di
competizione e spettacolo durante un Gran Premio di Formula Uno. Inoltre, in un
contesto così in evoluzione come quello attuale in F1, è opportuno correre
alcuni rischi al fine di ottenere i risultati sperati. A tal proposito
quest’anno verrà inaugurata la gara di Gedda, in Arabia Saudita e, il prossimo
anno, quella di Miami. Scelte sicuramente coraggiose ma mosse da interessi più
economici che legati alla voglia di rendere più entusiasmante lo sport. Bisogna,
però, concedere tempo prima di poter esprimere giudizi sulla riuscita di quella
che sulla carta si presenta come una delle più grandi, se non la più grande,
rivoluzione che la Formula Uno abbia mai affrontato. Non resta dunque che
sperare che i cambi regolamentari previsti per la prossima stagione, uniti
all’esperienza legata a questi due anni in pandemia, siano capaci di fornire
spunti di riflessione capaci di garantire a questo sport la nuova linfa vitale
di cui necessità.
[1] Per un
approfondimento a riguardo consultare: https://www.4clegal.com/vivi-lacademy/nascita-gran-premio-strano-caso-calendario-2020-unopportunita-tricolore
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