La compliance ESG e l’irriducibile dualismo della F1

Abstract

Alla luce di quanto accaduto nel GP di Jeddah è emerso, ancora una volta, come la Formula 1 viva di un dualismo inconciliabile tra compliance ai criteri ESG e fini meramente economici. Dopo averne analizzato brevemente cause e contesti si cerca di fornire una chiave che possa eliminare questa eterna contrapposizione.

                                  (i diritti di questa immagine sono riservati al  proprietario: REUTERS)

Cos’è l’ESG?

È opportuno innanzitutto introdurre il concetto cardine di ESG. Esso è un acronimo che permette un’estrinsecazione molto più pragmatica di un concetto, alquanto abusato oggi, di sostenibilità. Quest’ultimo, infatti, non può più rappresentare un baluardo vuoto o un mantra nel quale rifuggire acriticamente, ma bensì deve sostanziarsi in azioni e atteggiamenti concreti, capaci di trasporre questo concetto nella realtà. A tal fine, il concetto di ESG, introduce una triade che permette di misurare e indirizzare sforzi in direzioni molto più delineate e concrete.

Le tre iniziali di questo termine stanno ad indicare:

E: Il concetto di Environmental, che rappresenta tutto ciò che riguarda la sostenibilità e l’impatto di un’attività dal punto di vista ambientale.

S: Tutto ciò che inerisce il campo Social, inteso come il modo in cui viene trattato e valorizzato il capitale umano, le persone, sia all’interno che all’esterno di un’organizzazione.

G: Quello che si sostanzia nella nozione di Governance, ossia la qualità dell’insieme dei processi decisionali e operativi all’interno di un’organizzazione[1].

 

La Formula 1 e la sua natura “economica”

La Formula Uno è intrinsecamente legata a questioni di natura economica. Ciò è facilmente rinvenibile nella storia di questo sport ed in alcuni eventi di natura giuridica che caratterizzano questa Federazione. Basti rammentare che la FIA fa parte delle cosiddette “ARISF” cioè dell’“Association of IOC Recognised International Sports Federations” quell’associazione no-profit, riconosciuta dal CIO, che ha lo scopo di raggruppare tutte le Federazioni Sportive Internazionali, i quali sport non sono parte delle Olimpiadi. L’ARISF si compone di FSI molto eterogenee tra loro e con obbiettivi altrettanto differenti. Alcune di esse hanno la volontà di raggiungere il riconoscimento da parte del CIO come sport olimpico mentre altre, come la FIA, non sono dedite, né hanno nei loro progetti tale risultato. Ciò non è altro che il frutto di una concezione che da molti anni è alla base dell’automobilismo sportivo, che vede una netta predominanza del fattore economico su quello agonistico.

A dimostrazione di ciò è bene riportare la vicenda intercorsa tra FIA, Formula One Administration Limited[2], oggi FOM, e Commissione Europea. Nel 1994 FIA e FOA decisero di notificare i propri regolamenti alla Commissione Europea insieme ad una serie di accordi commerciali relativi a taluni campionati da loro organizzati, tra cui il campionato mondiale di Formula Uno. Dopo aver svolto diverse indagini la commissione constatò che, nonostante alla FIA spettasse il diritto di disciplinare e regolamentare gli sport motoristici, in essi fosse presente un’indubbia natura economica e che essa si palesasse in modo dirompente nella Formula Uno, ricavando da ciò la necessità di applicare a tali organismi le regole europee in materia di concorrenza.

La commissione ritenne, infatti, che la FIA si trovasse in una posizione di conflitto di interessi, essendosi servita delle proprie expertise e della propria autonomia in materia di regolamentazione per porre in essere comportamenti ostruzionistici, come ad esempio: bloccare l’organizzazione di gare concorrenti a quelle da essa organizzate; sottoscrivere contratti con gli organizzatori dei Gran Premi che impedissero a quest’ultimi, per i successivi dieci anni, di mettere a disposizione i circuiti usati per le gare di Formula Uno per altre competizioni motoristiche che si sarebbero potute rivelare concorrenziali; oppure prevedere forti penali economiche per le emittenti televisive che avessero trasmesso manifestazioni motoristiche in concorrenza con  tale campionato[3]. Questi comportamenti manifestano in modo lapalissiano il perché delle precedenti affermazioni inerenti alla prevalenza dell’aspetto economico su quello sportivo, ed inoltre rendono pienamente giustizia alla scelta da parte della Commissione Europea di ricorrere all’applicazione delle norme sulla concorrenza[4].


Jeddah e il dualismo della F1

Nonostante quanto premesso, la Formula 1 nel recente passato ha adottato una politica fortemente votata alla compliance dei fattori ESG. Ciò ha subito creato forti problematiche legate all’impossibilità, almeno allo stato dell’arte, di poter effettuare scelte capaci di tracciare una linea univoca e coerente riguardo la posizione del Circus.

Il punto che impone però una scelta drastica è però giunto con il Gp Aramco dell’Arabia Saudita. Durante il venerdì dedicato alle prove libere, a 20 km dal circuito, si è verificato un bombardamento ad un sito dedicato alla lavorazione del petrolio da parte di un gruppo ribelle yemenita. La colonna di fumo generata dall’esplosione era facilmente visibile dal circuito.

Già la mera introduzione in calendario di questo evento aveva introdotto molti interrogativi riguardo la compatibilità tra l’organizzazione di un Gp in Arabia Saudita e il rispetto di libertà e valori indicati come fondamentali dal Circus; tra cui la libertà di pensiero, la parità tra i sessi e la non discriminazione.

Tra questi principi rientra anche quello di contrasto alla risoluzione armata delle controversie. Per tale motivo la F1 ha estromesso di recente noti personaggi e piloti di origine russa, per mandare un forte segnale di disapprovazione per quanto sta accadendo di recente in Ucraina.

Totalmente opposto è invece quanto verificatosi a Jeddah dopo tale avvenimento. Il GPDA (Grand Prix Driver Association), società che vede coinvolti i piloti al fine di tutelare la loro sicurezza, ha svolto un’intensa riunione, il cui scopo era quello di chiedere l’annullamento del GP per evidenti ragioni sia etiche che di sicurezza.

Tale proposta però è caduta nel vuoto e, dopo un’intensa mediazione, si è deciso di disputare il Gp.

 

Il futuro e l’importanza di scelte programmatiche coerenti

Risulta lapalissiano come sia inconcepibile un sistema che sostenga fermamente alcuni valori ma che finisca poi per compiere scelte totalmente asincrone con quanto affermato.

Per quanto lo spettacolo visto a Jeddah ha spostato l’attenzione su tematiche sicuramente più consone a ciò che la Formula 1 Dovrebbe offrire, è opportuno, al fine di non esporsi a fenomeni di greenwashing, porre in atto scelte guidate non solo da fattori economici ma anche etici.

La scelta di schierarsi apertamente e di appoggiare le tematiche ESG non può risultare in una mera soluzione di marketing, ma deve altresì porsi quale strategia con finalità e obiettivi ben delineati da seguire, anche se questi ultimi possono sembrare poco profittevoli in termini di ricavi.

Ci sarebbero molte strategie da poter utilizzare al fine di ovviare a tale inconveniente.

Una di queste, che mi sento caldamente di proporre, è quella di introdurre una carta dei valori da far firmare ad ogni paese organizzatore al momento della stipula del contratto di organizzazione di un Gp. Così da avere sempre a disposizione uno strumento atto a palesare la contiguità di intenti tra FIA e paesi ospitanti.

Bisogna quindi concludere che un episodio come quello di Jeddah o come quanto verificatosi nel Gp del Giappone del 1976, in cui l’unica regola è il motto “the show must go on “, non sono più ammissibili. Bisogna imporre un cambio netto, al fine conservare e migliorare l’immagine della F1 e della FIA stessa, evitando che gli interessi economici finiscano per rendere tutto quanto di positivo ottenuto fin ora solo un mero specchio per le allodole.



[1] Per un maggiore approfondimento sul tema consultare il seguente articolo: https://www.4clegal.com/vivi-lacademy/concetto-esg-presente-futuro-formula-1-passando-regolamento-2022

[2] D’ora in avanti FOA.

[3] E. Greppi, M. Vellano, Diritto internazionale dello sport, p.354, Giappichelli, Torino, 2010

[4] D. Beatrice, La Fédération Internationale De l’Automobile: profili di diritto internazionale, pp.32 e ss., consultabile su https://www.brocardi.it/tesi-di-laurea/federation-internationale-automobile-profili-diritto-internazionale/497.html , 2019.

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