Safety car o Virtual Safety car? Un’analisi regolamentare del GP di F1 d'Olanda 2022


Abstract

Alla luce di quanto verificatosi durante il GP di F1 d’Olanda 2022, risulta opportuno analizzare l’accaduto, al fine di vagliare criticamente il dettato delle F1 Sporting Regulation e quanto deciso dalla commissione di gara, con lo scopo di comprendere criticità e prospettive per il futuro.



Il Fatto

La questione fattuale da cui muove questo articolo è rinvenibile in quanto accaduto durante il Gp d’Olanda, valido per il campionato mondiale 2022 di Formula 1, svoltosi presso il circuito di Zandvoort. L’episodio si è verificato al giro 44 quando Yuki Tsunoda, pilota della scuderia Alpha Tauri, dopo una sosta ai box, ha fermato la vettura ai margini della pista, subito dopo curva 5. A tale circostanza la commissione di gara ha reagito inserendo il regime di Virtual Safety Car[1]. Il pilota nipponico, dopo un concitato scambio di team radio con il muretto dei box è ripartito e dopo una sosta per un cambio gomme, si è di nuovo fermato ai margini della pista, al giro 48, questa volta per ritirarsi definitivamente e far optare la direzione gara per una Safety Car.


Dalla questione alle norme

Al netto di quanto accaduto e di quanto ciò, per quanto singolare e caotico, abbia significato nell’economia della gara, tale circostanza porta a porsi alcune domande. Per dare ad esse una risposta compiuta bisogna affidarsi a quanto disposto dalle F1 Sporting Regulation, testo normativo di riferimento. Proprio in questo testo infatti è previsto come e quando ricorrere alle diverse misure di sicurezza in base a ciò che accade e alla sua gravità.

Nel caso di specie le misure messe in campo sono state la Virtual Safety Car, disciplinata dall’art. 56 e la Safety Car, prevista invece dalla art. 55. La Virtual Safety Car, introdotta dal mondiale 2015 è una misura che potremmo definire “blanda” e che ha lo scopo di arrecare il minor nocumento possibile allo svolgimento della competizione. Viene enucleato il suo utilizzo all’art. 56.1 lett. A), nel quale si afferma che: “verrà utilizzata quando saranno necessarie le doppie bandiere gialle in qualsiasi sezione della pista quando piloti o addetti potrebbero essere in pericolo ma le circostanze non sono così gravi da imporre l’uso della Safety Car.”[2]Tale definizione di carattere negativo rispetto alla Safety Car, ha ragion d’essere nella sua relativamente giovane creazione. Tale misura però, a differenza di quanto previsto per la safety car, rappresenta una procedura più agevole e meno rigida che permette di ottenere una maggiore rapidità nelle operazioni di restart della gara.

In passato, visto il suo funzionamento, molti sono stati i dubbi e le perplessità a riguardo. Senza entrare troppo nel dettaglio, visto che ciò richiederebbe un’analisi ben più tecnica e approfondita, è bene soffermarsi sui presupposti necessari e sul perché tale misura forse rappresenta un esperimento non troppo riuscito.


La Virtual Safety Car è davvero necessaria?

Alla luce del dato normativo e del funzionamento di questa procedura la domanda che sorge spontaneo chiedersi è: La virtual Safety Car è davvero necessaria?

La risposta è no e lo è per una serie di motivi. In primis tale misura rappresenta uno strumento sì flessibile ma inadatto a gestire gran parte delle fattispecie. Una riprova di ciò è rinvenibile proprio in quanto accaduto nell’episodio di cui sopra. La vettura di Tsunoda infatti si era fermata a bordo pista tra curva 5 e 6. Tale posizione su un circuito come quello di Zandvoort (con muri davvero vicini alla pista) è una zona di forte pericolo per gli altri piloti che avrebbero potuto colpire la vettura del pilota nipponico, visto il suo posizionamento. Contro tale argomentazione di certo non si può ribattere neanche affermando che la vettura sia ripartita dopo poco, rendendo quindi superflua una Safety Car, perché al momento della decisione dei commissari tale scenario non era prevedibile.

Successivamente, visto il suo funzionamento basato su delta di tempo che i piloti devono rispettare, essa si presta spesso a situazioni alquanto oscure sia per il pubblico che segue lo sport, sia per i piloti, che si trovano spesso a perdere o guadagnare, in base alla loro astuzia, anche diversi preziosi secondi.

In limine, alla luce di quanto accaduto in Olanda e quanto verificatosi a Monza[3], risulta opportuno ammettere delle falle nel sistema di gestione, oltre che normativo per quanto concerne queste misure di sicurezza presenti in F1. Tale ammissione non deve avere però lo scopo di criticare sterilmente quanto visto o previsto fin ora ma bensì di porre le basi per un proficuo dialogo in grado di garantire in futuro una regolamentazione meno arbitraria e più efficace in situazioni in cui non solo rischia di rimetterci lo spettacolo ma soprattutto la sicurezza.

 



[1] La Virtual Safety Car, così come disciplinata nelle F1 Sporting Regulation, è una procedura dettata al fine di neutralizzare una sessione nel caso si verifichi una condizione di pericolo non così grave da richiedere l’uso della Safety Car.

[2] F1 Sporting Regulation, art. 56.1 lett a: “It will normally be used when double waved yellow flags are needed on any section of track and Competitors or officials may be in danger, but the circumstances are not such as to warrant use of the safety car itself”.

 

[3]In merito a quanto accaduto durante il GP d’Italia 2022 svoltosi a Monza, seguirà un ulteriore articolo.


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